Un insegnante con il pallino della politica e della scrittura: è Giuseppe Zambito, autore siciliano emergente che con Kimerik editore ha da poco pubblicato la raccolta Le figlie di Cristenzio e altri racconti (pagg. 92, € 12,00). Vicesindaco di Siculiana (Agrigento), è anche l'organizzatore del concorso letterario Torre dell'Orologio patrocinato da Simonetta Agnello Hornby (nella foto sotto assieme a Zambito) che volentieri gli ha firmato la prefazione definendolo un affabulatore naturale e attento osservatore... ci porta in una Sicilia antica densa di luci e di ombre, che sembra moderna, tale è la sua destrezza nel descrivere situazioni, personaggi e sentimenti che appartengono a tutti i tempi.
Gli otto racconti s'intitolano Le figlie di Cristenzio, La canna col cappello, La pupa di zucchero, La seconda morte, La poggia di carrube, La coppola sul letto, La ben levata, Il paradiso delle vedove: ma che c'entra la politica con la vena narrativa? Fattitaliani lo ha chiesto a Giuseppe Zambito.
"Apparentemente sembrerebbero due mondi assolutamente distanti. In realtà, dal mio punto di vista, sia il politico che lo scrittore sono chiamati a guardarsi intorno, a leggere la realtà, sapendola interpretare e tradurre. In politica con fatti concreti e risposte precise a bisogni, nella scrittura le risposte da dare sono altre, alla fantasia, allo spirito, al pensiero, ma comunque sempre agli individui. Per me rivestire questo "doppio ruolo" mi gratifica. L'attività politica ti offre l'incontro quotidiano con le persone, con la realtà... la parte poetica raccoglie tutto questo ma al contempo costruisce altre dieci, mille realtà che si intrecciano, il tutto, naturalmente accompagnato da una sana passione".
"Le figlie di Cristenzio e altri racconti" è la sua prima opera effettiva: che cos'è per lei la scrittura?
Ho scritto da sempre. È il mezzo migliore che conosco per esprimere i miei pensieri, i miei sentimenti, mi piace "assimilare" la realtà e tradurla con parole mie. Parole che per me sono anche immagini, emozioni, sensazioni. Questa pubblicazione per me rappresenta soprattutto "L'opera del coraggio", di lasciare ogni tentennamento e offrirmi al giudizio degli altri. Un ruolo fondamentale lo ha avuto Simonetta Agnello Hornby, che, leggendo dei miei scritti, mi ha da subito sostenuto e incoraggiato, fino a scrivere una presentazione della raccolta.
Da che cosa ha avuto origine la raccolta?
Ho sentito l'esigenza di raccogliere frammenti di ricordi, anche non personali, e di dare vita a personaggi immaginari che hanno stimolato la mia fantasia. Il mio incontro con i "protagonisti" dei vari racconti non è stato semplice. Entrare dentro le loro anime, scoprirne le debolezze, immaginarne le emozioni. Farli muovere dentro spazi a me familiari è stato un percorso di crescita personale che si è tramutato in amore verso la mia famiglia e la mia terra.
Che Sicilia racconta?
Una Sicilia fatta di sentimenti, di donne coraggiose capaci di muoversi dentro un mondo dominato dal maschio. Una Sicilia dove si alternano sopraffazione e solidarietà. Dove è forte il senso della famiglia e la voglia di riscatto. Dove uomini e donne si agitano alla ricerca di un futuro migliore, ma che spesso, sconfitti da un senso di frustrazione, si rassegnano. Ma è anche la Sicilia bella, delle buone tradizioni, dell'attaccamento alla famiglia e alle proprie radici.
Nei personaggi narrati che cosa si ritrova dei siciliani di oggi?
Purtroppo alcuni aspetti positivi hanno subito la contaminazione della società moderna. In Sicilia come altrove è mutato il sentimento familiare e l'attaccamento alle tradizioni, anche se è a tutt'oggi forte nei giovani il riconoscimento di un'identità siciliana. Soprattutto è mutato in positivo il ruolo delle donne che oggi rivestono sempre più ruoli di primo piano in tutti i settori. Ancora oggi siamo chiamati a confrontarci con la cultura mafiosa che nonostante i tanti progressi, rimane forte ostacolo ad un totale affrancamento dei siciliani.
Quanto c'è da autobiografico negli otto racconti?
L'unico racconto autobiografico è "Le figlie di Cristenzio". In realtà da tempo desideravo scrivere della mia famiglia e soprattutto di mio nonno. È morto che avevo tre anni, quindi non posso dire di avere ricordi nitidi che lo riguardano. Nel corso degli anni mi sono costruito una sua immagine grazie ai tanti racconti di mia madre e delle mie zie e ne ho ricavato una personalità che mi ha incuriosito e affascinato. Scrivere di lui è stato un momento di "riconciliazione" con la mia infanzia. Giovanni Chiaramonte.
Fonte
Gli otto racconti s'intitolano Le figlie di Cristenzio, La canna col cappello, La pupa di zucchero, La seconda morte, La poggia di carrube, La coppola sul letto, La ben levata, Il paradiso delle vedove: ma che c'entra la politica con la vena narrativa? Fattitaliani lo ha chiesto a Giuseppe Zambito.
"Apparentemente sembrerebbero due mondi assolutamente distanti. In realtà, dal mio punto di vista, sia il politico che lo scrittore sono chiamati a guardarsi intorno, a leggere la realtà, sapendola interpretare e tradurre. In politica con fatti concreti e risposte precise a bisogni, nella scrittura le risposte da dare sono altre, alla fantasia, allo spirito, al pensiero, ma comunque sempre agli individui. Per me rivestire questo "doppio ruolo" mi gratifica. L'attività politica ti offre l'incontro quotidiano con le persone, con la realtà... la parte poetica raccoglie tutto questo ma al contempo costruisce altre dieci, mille realtà che si intrecciano, il tutto, naturalmente accompagnato da una sana passione".
"Le figlie di Cristenzio e altri racconti" è la sua prima opera effettiva: che cos'è per lei la scrittura?
Ho scritto da sempre. È il mezzo migliore che conosco per esprimere i miei pensieri, i miei sentimenti, mi piace "assimilare" la realtà e tradurla con parole mie. Parole che per me sono anche immagini, emozioni, sensazioni. Questa pubblicazione per me rappresenta soprattutto "L'opera del coraggio", di lasciare ogni tentennamento e offrirmi al giudizio degli altri. Un ruolo fondamentale lo ha avuto Simonetta Agnello Hornby, che, leggendo dei miei scritti, mi ha da subito sostenuto e incoraggiato, fino a scrivere una presentazione della raccolta.
Da che cosa ha avuto origine la raccolta?
Ho sentito l'esigenza di raccogliere frammenti di ricordi, anche non personali, e di dare vita a personaggi immaginari che hanno stimolato la mia fantasia. Il mio incontro con i "protagonisti" dei vari racconti non è stato semplice. Entrare dentro le loro anime, scoprirne le debolezze, immaginarne le emozioni. Farli muovere dentro spazi a me familiari è stato un percorso di crescita personale che si è tramutato in amore verso la mia famiglia e la mia terra.
Che Sicilia racconta?
Una Sicilia fatta di sentimenti, di donne coraggiose capaci di muoversi dentro un mondo dominato dal maschio. Una Sicilia dove si alternano sopraffazione e solidarietà. Dove è forte il senso della famiglia e la voglia di riscatto. Dove uomini e donne si agitano alla ricerca di un futuro migliore, ma che spesso, sconfitti da un senso di frustrazione, si rassegnano. Ma è anche la Sicilia bella, delle buone tradizioni, dell'attaccamento alla famiglia e alle proprie radici.
Nei personaggi narrati che cosa si ritrova dei siciliani di oggi?
Purtroppo alcuni aspetti positivi hanno subito la contaminazione della società moderna. In Sicilia come altrove è mutato il sentimento familiare e l'attaccamento alle tradizioni, anche se è a tutt'oggi forte nei giovani il riconoscimento di un'identità siciliana. Soprattutto è mutato in positivo il ruolo delle donne che oggi rivestono sempre più ruoli di primo piano in tutti i settori. Ancora oggi siamo chiamati a confrontarci con la cultura mafiosa che nonostante i tanti progressi, rimane forte ostacolo ad un totale affrancamento dei siciliani.
Quanto c'è da autobiografico negli otto racconti?
L'unico racconto autobiografico è "Le figlie di Cristenzio". In realtà da tempo desideravo scrivere della mia famiglia e soprattutto di mio nonno. È morto che avevo tre anni, quindi non posso dire di avere ricordi nitidi che lo riguardano. Nel corso degli anni mi sono costruito una sua immagine grazie ai tanti racconti di mia madre e delle mie zie e ne ho ricavato una personalità che mi ha incuriosito e affascinato. Scrivere di lui è stato un momento di "riconciliazione" con la mia infanzia. Giovanni Chiaramonte.
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